Quel che vi serve sapere: Sharon
Carter ed il suo gruppo di mercenari per una buona causa hanno accettato un incarico
dal miliardario texano Texas Jack Muldoon per
smascherare gli affari sporchi della Koch Pharmaceutical
nella cornice esotica delle Hawaii. Nel frattempo Steve Rogers ed i suoi
Vendicatori Segreti sono in missione per impedire che l’organizzazione terroristica
nota come A.I.D. costringa il Professor Mason Harding a sviluppare una nuova
bomba della follia e nel contempo salvare anche Scorpia,
la figlia di Monica Rappaccini, la Scienziata Suprema
dell’A.I.D., rivelatasi un agente doppio dello S.H.I.E.L.D.
Insomma, guai come
al solito.
#37
THE
SCORPIA CONNECTION
Di Carlo Monni & Carmelo Mobilia
Honolulu,
Hawaii.
Solo pochi minuti prima la squadra guidata da
Sharon Carter era penetrata nei laboratori segreti della Koch Pharmaceutical dove aveva scoperto qualcosa di
sconvolgente: il teatro di esperimenti proibiti su poveri esseri umani ed
animali.
Lo shock era stato tale che i superbamente
addestrati uomini e donne che componevano la squadra si erano fatti sorprendere
dall’arrivo delle squadre di sicurezza della Koch guidate da Shiv, un gangster con un’incredibile somiglianza con il
mutante chiamato Wolverine, ed ora si ritrovavano praticamente circondati e
tenuti sotto mira da mercenari che erano almeno cinque volte più di loro e
sicuramente più che abili nell’uso delle loro armi.
Era comparso anche Walter Koch che aveva
ordinato a Shiv:
<Lasciane vivo uno, voglio sapere chi li
manda. Il resto, uccidili.>
<Come desidera, Boss.> replicò Shiv.
<Un momento!> intervenne Sharon
ostentando calma e sangue freddo <Visto che tanto dobbiamo morire, mi
piacerebbe almeno prima sapere cosa state facendo realmente qui dentro. Qual è
lo scopo di tutto questo?>
Koch fece un sorrisetto cattivo e ribattè:
<Ah, la classica spiegazione del cattivo
megalomane all’eroe che spera di guadagnare abbastanza tempo per tirarsi fuori
dai guai, molto scontato... ma con me non attacca; sono un uomo d’affari e
negli affari il tempo è denaro, quindi.... >
<C’entra il progetto Rinascita, non è
vero?> disse Nomad, con un tono che non ammetteva
repliche.
Koch sobbalzò. L’insinuazione era certamente
fondata.
<Quello che ha trasformato un ragazzino
debole e malaticcio nel primo Capitan America? Credo che anche i sassi lo
conoscano. Ma cosa centra un progetto governativo con l’operato di questo...
macellaio? > chiese Paladin.
Koch fece segno ai suoi uomini di fermarsi.
<Io non sono un macellaio, ma come ho detto,
sono un uomo d’affari... proprio come lei mr. Paladin:
si, so chi è lei, è molto famoso nell’ambiente dei mercenari.>
<Io preferisco il termine soldato di
ventura.>
<Come preferisce. Ho una proposta d’affari
per lei: mi dica chi vi ha ingaggiato e perché ed io non solo le risparmierò la
vita ma la prenderò al mio servizio al doppio del compenso che le hanno
offerto. Mi farebbe molto comodo un uomo
coi suoi talenti. Che ne dice?>
<Che prima di risponderle vorrei sentire
il resto della sua storia. Se ho ben capito, sta cercando di replicare il siero
del Super Soldato.>
<Diciamo pure che sto cercando di
migliorarlo. Riuscite ad immaginarne le applicazioni militari? Se anche il Governo americano non volesse i
miei supersoldati sono certo che troverei dei
compratori interessati altrove.>
<E venderesti della tecnologia simile ai
nemici del tuo paese? Sei proprio un lurido verme.> intervenne Sharon.
<Questione di opinioni.> replicò,
tranquillo, Koch <Tornando a noi, ho affidato ai miei scienziati tutti gli
appunti reperibili di Abraham Erskine e di gente del
calibro di Ted Sallis ed
altri che probabilmente non avete mai sentito nominare. Purtroppo i risultati
non sono ancora soddisfacenti: alcuni soggetti muoiono, altri diventano mostri,
altri ancora impazziscono, tuttavia possono sempre essere utili una volta
imparato a controllarli. Ovviamente ci servono cavie umane su cui testare i
nostri prodotti e poiché, come capirete, trovare dei volontari non è molto
facile, sono Shiv ed i suoi uomini a procurarcele scegliendole
tra derelitti, prostitute e barboni. Tutta gente di cui nessuno sentirà la
mancanza e che nessuno cercherà. In fondo facciamo un favore alla società
sbarazzandola dei suoi elementi più indesiderati.>
<Schifoso bastardo.> sibilò Nomad.
<Ho ripensato alla sua proposta, Mr.
Koch.> disse con tranquillità Paladin <Ammetto
che è molto allettante ma preferirei farmi ammazzare piuttosto che lavorare per
uno come lei >
<Il che sarà esattamente quello che
accadrà.> replicò con livore Koch <Uccideteli tutti quanti adesso!>
Prima che un solo colpo potesse essere
sparato le luci si spensero e l’intero complesso piombò nell’oscurità più
fitta.
Da
qualche parte oltre la costa orientale degli Stati Uniti.
Il quinjet senza
insegne volava in modalità stealth sopra l’Oceano Atlantico.
Ai comandi un assorto Steve Rogers distese le
labbra in un sorriso e disse ai suoi compagni:
<Il nostro obiettivo è esattamente sotto
di noi.>
<Io non vedo nient’altro che acqua.>
osservò Jack Flag.
<Aspetta e vedrai.> fu la risposta di
Steve.
Un attimo dopo dal nulla spuntò una struttura
semicircolare fatta apparentemente di un qualche metallo.
<Che mi venga…> esclamò Jack Flag
<Ma cosa…>
<Un’isola artificiale protetta da una
barriera di energia e da una copertura olografica. La nostra infiltrata l’ha
disattivata per il tempo necessario a farci passare. Il resto starà a noi.>
<In quattro contro chissà quanti. Devo
essere pazza per aver accettato di venire... ed in effetti sono pazza di te,
Steve.> commentò sorridendo Donna Maria Puentes.
<Avrei preferito che ci fosse anche James,
ma anche così ce la caveremo. Ho fiducia in lei Comandante Rogers.> aggiunse
Yelena Belova, la Vedova Nera ufficiale del Governo
Russo.
<Steve, solo Steve.> precisò l’ex
Capitan America <Pronti ad atterrare adesso>
Il quinjet, sempre
in modalità stealth, atterrò ed i Vendicatori Segreti ne scesero rapidamente.
<Sapete cosa dovete fare, confido in
voi.> disse Steve <Il punto di ritrovo sarà qui esattamente tra un’ora.
Il primo che raggiunge gli obiettivi avverte gli altri.>
Gli altri tre fecero dei convinti cenni di
assenso. Steve fissò Donna Maria. Aveva delle remore a lasciarla andare da sola
ma si disse che lei aveva già dimostrato di sapersela cavare e non erano più
gli anni 40.
<Andiamo.> disse infine.
Al suo segnale i cosiddetti Vendicatori
Segreti si dispersero in quattro direzioni diverse.
Quadrante
Nord
L’idea era di usare contro gli avversari più
numerosi le tattiche tipiche della guerriglia: colpire di sorpresa ed
all’improvviso e poi sparire passando al prossimo bersaglio.
I mercenari al servizio dell’A.I.D. erano
gente in gamba ma non si aspettavano un attacco simile in casa loro. Le
sentinelle furono rapidamente messe fuori combattimento.
Per Yelena Belova
fu sostanzialmente un gioco da ragazzi superare le difese del nemico, aveva
affrontato sfide più difficili durante l’addestramento nella Stanza Rossa per
qualificarsi come nuova Vedova Nera.
Certo, le cose sarebbero state più facili se
avesse potuto usare la forza letale, ma su questo punto il Comandante Rogers
era inflessibile; lei poteva anche non essere del tutto d’accordo con lui al
riguardo, ma lo rispettava e avrebbe obbedito ai suoi ordini.
Arrivò silenziosa alle spalle della donna
armata davanti a lei e sussurrò:
<Maria.>
Donna Maria Puentes
sussultò poi si voltò di scatto con la pistola in pugno. Nel riconoscere la
compagna tirò un sospiro di sollievo.
<Dalla mia parte la via è libera.>
disse la giovane russa <Immagino sia lo stesso dalla tua.>
<Esatto.> replicò l’altra poi indicò
l’edificio di fronte al punto in cui erano nascoste
<Da quel che ho capito quelli sono i
laboratori. Harding deve essere lì.>
<Molto probabile, visto il numero di
sentinelle. Se riuscissimo a distruggerli infliggeremmo all’A.I.D. un colpo
mortale.>
<Venire qui, distruggere i laboratori,
liberare Harding, catturare la Rappaccini. Tutto in
quattro contro cento. Se l’avesse proposto qualcun altro gli avrei detto: tu eres loco,
tu sei pazzo.>
<Ma con il Comandante Rogers alla guida
senti che puoi riuscirci, vero? Fa lo stesso effetto anche a me.> concluse
Yelena sorridendo.
Restò silenziosa e scrutò l’edificio per
qualche istante poi disse:
<Le guardie di ronda ci mettono dieci
minuti a fare il giro dell’edificio. Una di noi, correndo, può raggiungerlo in
15 secondi. Lo farai tu. Io penserò alle guardie al portone ed a quelle sul
tetto.>
<E come?>
<Sta a vedere.>
Yelena regolò l’intensità del Morso di Vedova
dei suoi bracciali ed allungò il braccio destro.
<Li hai messi alla massima intensità,
quella mortale.> protestò Donna Maria.
<Non da questa distanza.> replicò
l’altra <Avranno un po’ di mal di testa e magari nausea quando si
risveglieranno ma vivranno.>
Maria non sapeva se crederle ma in fondo non
aveva scelta, si disse.
Due scariche partirono in rapida successione
dai bracciali di Yelena e le due sentinelle davanti al portone stramazzarono al
suolo senza quasi un grido.
<Ora, vai!> esortò la Russa.
La ragazza latinoamericana partì con uno scatto
degno di una centometrista e cominciò una corsa a zig zag in un tratto
completamente allo scoperto.
Le sentinelle sul tetto la videro e si
sporsero per spararle. Era quello che Yelena aspettava.
Erano oltre la gittata del suo Morso di
Vedova ma lei non era priva di risorse.
Estrasse una pistola PB russa con
silenziatore incorporato modificata per sparare dardi narcotizzanti.
Prese la mira e sparò con estrema precisione
colpendo un bersaglio dietro l’altro.
Un uomo cadde dal tetto piombando al suolo.
Una caduta di quindici metri. Se non si era rotto l’osso del collo aveva
riportato di sicuro qualche frattura.
Tanto peggio per lui, pensò cinicamente
Yelena.
Donna Maria era arrivata sana e salva al
portone ed era riuscita ad aprirlo.
Appena entrata si trovò di fronte degli
uomini armati. Si gettò a terra evitando i loro proiettili e sparando a sua
volta. Gli avversari caddero e lei rinfoderò la pistola a dardi.
Era solo questione di tempo perché arrivasse
altra gente.
Doveva trovare Harding alla svelta.
La fortuna le arrise al secondo tentativo: in
una piccola stanza c’era un uomo dai capelli e baffi bianchi intento a chissà
quali calcoli, qualcosa che lei non avrebbe presumibilmente capito ma non era
importante, non quanto il fatto che lei aveva riconosciuto l’uomo dalle foto
che aveva visto.
<El señor Harding, correcto?> disse
in spagnolo.
L’uomo la guardò con aria sorpresa e
preoccupata:
<Lei chi è? Cosa vuole?> chiese in
Inglese.
<Sono un’amica e sono qui per portarla in
salvo.> rispose Maria nella stessa lingua.
<No, non posso venire, devo restare.>
<Forse non mi ha capito, Dottore: sono qui
per liberarla.>
<No, è lei che non ha capito!> replicò
Harding in tono concitato <Se io la seguo, mia figlia morirà!>
Quadrante
Sud.
Jack Flag era meno abituato degli altri ai
giochi di spie, ma conosceva comunque il suo lavoro.
Scivolando tra le ombre raggiunse una
palazzina che identificò come la centrale energetica dell’isola.
Se fosse riuscito a metterla fuori uso,
l’A.I.D. si sarebbe trovato seriamente nei guai.
Raggiunse il tetto più vicino e si accinse
alla prossima mossa. Era un bel salto per raggiungere quello della centrale ma
i suoi muscoli potevano farcela.
Prese la rincorsa e saltò. Per un attimo
parve quasi volare poi i suoi piedi toccarono pesantemente il tetto.
Due sentinelle corsero verso di lui e Jack
scattò come una molla piombando loro addosso.
Niente battute di spirito, solo azioni rapide
e le sentinelle furono neutralizzate.
Era abbastanza sicuro che non avessero fatto
in tempo a dare l’allarme ma in ogni caso non poteva farci niente.
Dal tetto scese fino al piano terra e si
trovò davanti ad una porta di metallo. La spinse, era aperta.
<Bingo!> esclamò soddisfatto.
Era proprio la centrale energetica ed era il
momento di un piccolo sabotaggio.
Los
Angeles, California
Arrivare a L.A. e accedere all’archivio del
FBSA tramite credenziali false fu uno scherzo per Amadeus Cho
e Bucky Barnes: la tecnologia a cui potevano accedere
e il Q.I. del ragazzo d’origine coreana rendevano accessibili posti che
altrimenti sarebbero stati inespugnabili, per burocrazia e livello di
sicurezza.
Ma dall’espressione di Bucky,
trovare quanto cercavano era meno semplice.
<Va male.> disse.
<Cosa?> chiese Cho.
<Volevo poter accedere ai reperti
custoditi dal F.B.S.A., ma non sono più qui.>
<Dannazione. E dove sono?>
<Li
hanno spostati in un magazzino fuori Los Angeles, a cui per qualche motivo
possono accedere solo agenti di alto rango... per intenderci, dalla Hill in
su.>
<Non è una cosa normale, questa. Cosa
tengono in quel magazzino?>
<Significa che siamo su una pista che
scotta. Dobbiamo accedervi, ma i lasciapassare che ci hai procurati non
basteranno.>
<E allora?>
Bucky abbozzò un sorriso.
<Sta tranquillo. Sono entrato in posti ben
più sorvegliati e apparentemente inaccessibili.>
I due lasciarono l’archivio, non immaginando
però di aver attirato l’attenzione di qualcuno.
Isola
dell’A.ID. Quadrante Ovest.
In altre circostanze Steve Rogers avrebbe
considerato disdicevole introdursi di nascosto nella camera da letto di una
signora senza essere stato invitato ma circostanze eccezionali richiedono
misure eccezionali e poi sua madre non avrebbe considerato Monica Rappaccini esattamente una signora.
La stanza era vuota ma da quella accanto
arrivavano delle voci. Due donne, così sembrava.
Senza far rumore Steve si accostò alla porta
e sbirciò nel vicino salottino dove la Dottoressa Rappaccini
stava discutendo con una ragazza dai capelli verdi che indossava una
calzamaglia dello stesso colore. Aveva fatto centro: quella era Scorpia. Vedendola senza maschera Steve doveva convenire
che la somiglianza con la Rappaccini era evidente,
meno evidenti le eventuali somiglianze con Bruce Banner ma erano pensieri oziosi
e lui aveva altro a cui badare.
<Davvero non riesco a capirti, Thasanee.> stava dicendo Monica.
<Questo è evidente, visto che ti ostini a
non chiamarmi Carmilla.> ribatté la ragazza.
<Sei mia figlia ed io ti chiamo con il
nome che ti ho dato quando sei nata.>
<Che è stato cinque minuti prima di
decidere di abbandonarmi in un orfanatrofio perché ero un peso indesiderato,
giusto?>
<Io… tu non capisci…>
Steve avanzò nella stanza e disse:
<Mi dispiace interrompere questa
discussione, signore, ma sono qui per voi.>
<TU?> esclamò la scienziata criminale
riconoscendolo dai loro precedenti incontri <Come hai fatto ad arrivare qui?
No, non importa. Hai commesso un errore a venire solo.>
<Non sono solo.> replicò Steve.
Monica Rappaccini
serrò i pugni e subito dopo si udì l’urlo di una sirena. In qualche modo aveva
azionato un allarme.
Con una mossa rapida Steve le bloccò i polsi
e li serrò in delle manette poi disse:
<Niente mosse avventate, Dottoressa, o
dovrò farle del male e mi dispiacerebbe, mi creda. Mi segua senza fare
storie.>
<Tu sei pazzo! Thasanee,
uccidilo adesso!>
Steve guardò la ragazza e con voce calma le
disse:
<Nick Fury
richiede che tu torni a casa, Agente Scorpia.>
La giovane esitò un istante poi abbozzò un
sorriso e replicò:
<Agli ordini, Comandante.>
Monica Rappaccini
rivolse alla figlia uno sguardo di autentica sorpresa ed esclamò:
<Tu… tu sei un’agente dello
S.H.I.E.L.D.?>
Lancaster,
Contea di Los Angeles. Quella stessa notte.
Il Soldato d’Inverno mostrò ad Amadeus che
l’affermazione fattagli in precedenza non era una semplice spacconata, e senza
alcuno sforzo riuscì a penetrare nell’edificio governativo e a renderlo
accessibile pure a lui, annullando gli allarmi ed evitando le guardie.
<Avrei potuto aprire la porta in cinque
secondi con il mio decifratore portatile di combinazioni.> disse il giovane
coreano.
<Ma così è più divertente, no?> ribatté
Bucky Barnes.
Anche se non era la prima volta che Amadeus
operava sul campo, si sentiva eccitato: per un nerd come lui giocare alla spia
era un sogno che si realizzava.
Bucky dette un’occhiata
alla mappa che Amadeus aveva scaricato hackerando il
sito del F.B.S.A. e poi imboccò un corridoio.
<Ecco, di qua> disse <Qui c’è quanto
stiamo cercando. Mi servirà il tuo congegno però.>
<Tieni.> rispose il ragazzo,
allungandogli un oggetto che pareva uno smartphone <Questo speciale scanner ti
farà l’analisi istantanea dei materiali che hanno utilizzato.>
Bucky eseguì l’operazione
in silenzio, ma se qualcuno avesse potuto leggere il suo sguardo avrebbe notato
una nota di disappunto.
<È come temevo.> disse.
<Come?> chiese Amadeus.
<Alcuni miei dubbi hanno trovato conferma.
Qui...>
<Cosa? Cosa c’è?>
<Ssssssh. Fa
silenzio.>
Anche Amadeus capì in quel momento che i due
non erano più soli dentro l’edificio.
Honolulu,
Hawaii.
Il buio aveva preso alla sprovvista i sicari
di Koch e aveva dato alla squadra di Sharon l’occasione di agire. La più rapida
fu Yukio, che nell’oscurità pareva essere a suo agio: si lanciò sui più vicini
tra chi le puntava un’arma e li colpì al petto o all’addome, lasciandoli senza
fiato.
La maschera di Paladin
era dotata di un visore agli infrarossi che gli permetteva di vedere
perfettamente, impugnò la sua pistola a raggi stordenti ed eliminò i suoi
avversari con facilità, come se si trattasse di un videogame.
Sharon si lanciò all’inseguimento di Koch; Nomad le andò dietro ma il passo gli fu sbarrato da Shiv, che estrasse le lame da polso e si preparò a
combattere.
Nomad notò come quel tizio
si muoveva perfettamente al buio, come se la mancanza di illuminazione non lo
toccasse minimamente... e senza apparecchi tecnologici. Si muoveva come certi
animali.
Era certamente un avversario pericoloso.
Entrambi erano tesi, pronti a scattare, come
due pugili che aspettavano il gong inizio incontro.
<Lo sai che non uscirai vivo di qui,
vero?> sentenziò Shiv.
<Non è la prima volta che me lo sento dire
... eppure sono ancora vivo.>
Shiv sputò in terra e si
lanciò contro di lui, ma Jack era pronto a riceverlo. Il duello era cominciato.
Covo
segreto dell’A.I.D. Quadrante Ovest.
<Non posso crederci... non tu, non mia
figlia! Sangue del mio sangue che mi tradisce ...> disse Monica Rappaccini, con un sincero sconforto che trapelava dalla
sua voce e dall’espressione del suo viso.
<Non chiamarmi così! Non dirmi che sono
tua figlia... rabbrividisco solo all’idea!> gridò Scorpia
di rimando <Hai ucciso i miei genitori adottivi, mi hai sottoposta a degli
esperimenti genetici che mi hanno reso ... il mostro che sono! Quale madre
arriverebbe a tanto? Sei solo una pazza criminale, e il tuo posto è in
prigione!>
<Non ho ucciso io i tuoi genitori!>
gridò la Rappaccini <Io sono quella che ti ha
salvato dall’A.I.M.! Ti ho sottratta da quella organizzazione di pazzi! Ti ho
dato i mezzi per proteggerti da sola! Ho fatto tutto quello che ho fatto nel
tuo interesse!>
<Sta zitta!> rispose di rimando la ragazza.
Steve assisteva alla conversazione senza
intervenire. La Rappaccini era una criminale, su
questo non c’erano dubbi, eppure nella sua follia, nella sua logica contorta e
disturbata, Steve riusciva a percepire il sentimento d’amore che quella donna
provava per sua figlia.
Questo non giustificava in alcun modo le sue
azioni, tuttavia lui riusciva a provare un po’ di pena per quella donna.
Improvvisamente nella stanza irruppe Jack
Flag decisamente trafelato.
<Comandante, non ci resta molto tempo:
dobbiamo andarcene adesso.> disse.
<Che succede?> gli chiese lui.
<Ho sabotato la loro centrale energetica.
Credo che fra mezz’ora al massimo qui andrà tutto in tilt. In più c’è un bel
po’ di gente molto arrabbiata che sta venendo da questa parte. È così che ho
capito dov’eri e sono riuscito a precederli.>
Colpa dell’allarme dato dalla Dottoressa Rappaccini indubbiamente, pensò Steve.
<E le nostre compagne?> chiese ancora.
<Le ho appena sentite: il Professor
Harding è con loro e stanno andando al Quinjet.>
<Allora corri a raggiungerle, io e
l’Agente Scorpia ti seguiremo con la prigioniera.>
<Già, vedo che ce l’hai fatta a catturarla.
Che sciocco sono stato a dubitarne.>
Steve abbozzò un mezzo sorriso e disse:
<Muoviamoci adesso.>
Monica Rappaccini
sembrava aver perso ogni velleità combattiva e si fece spingere fuori senza
resistere.
Scorpia si mise la maschera
ed uscì per ultima.
Nessuno in vista, però Steve non si faceva
illusioni: il Quinjet non era distante ma con le
forze dell’A.I.D. ormai all’erta sarebbe stata comunque una strada molto lunga.
Periferia di Los
Angeles.
La figura in nero si lanciò sul Soldato
d’Inverno con l’intenzione di stenderlo; Bucky agì di
riflesso, spinse via Amadeus dalla traiettoria ma si espose al misterioso
avversario: era troppo buio per identificarlo, ma era forte, e ci sapeva fare.
Buck rispose all’attacco, cercò di piazzare
qualche colpo, ma l’uomo riuscì a pararli.
Doveva chiuderla in fretta, per evitare che
arrivassero dei rinforzi: lui avrebbe potuto cavarsela, ma Amadeus no.
Perciò cercò di stendere definitivamente il
suo avversario colpendolo col suo braccio bionico; un colpo ben piazzato con
quello e l’incontro sarebbe stato suo, ma il pugno andò a infrangersi su un
corpo metallico: il “CLANG!” riecheggiò nell’ambiente.
Come se non bastasse, l’aggressore gli bloccò
il polso in quella che più che una stretta pareva una morsa.
“È ... forte, troppo forte.” pensò il Soldato
d’Inverno “Nessun uomo normale può bloccarmi il braccio in quel modo. In cosa
ci siamo imbattuti? Chi è questo?”
La risposta arrivò quando le dita di Amadeus
trovarono l’interruttore della luce rivelando l’identità dell’uomo:
<U.S.Agent?> chiese Bucky stupito.
<In persona!> esclamò il Vendicatore
<Che ci fai qui Barnes? Quando vi ho visti, oggi, nella sede del FBSA,
sapevo che la vostra presenza qui non significava nulla di buono!> sbottò,
con tono severo <Questo magazzino è proprietà federale! Entrare qui è un
atto di tradimento!>
<A-Aspetta un momento USAgent!>
disse Amadeus <Noi ... stiamo seguendo una pista.>
<Che pista? Di che parli?>
<S-Stiamo indagando su un omicidio
avvenuto qualche anno fa..>
U.S.Agent aveva collaborato
con loro due quando la Terra era stata attaccata da Thanos.[1]
Erano colleghi Vendicatori, e c’era da
fidarsi. Steve Rogers in persona aveva garantito per loro.
Meritavano perlomeno il beneficio del dubbio.
<Sarà meglio che mi diate una spiegazione,
e che sia buona....>
<Qualcuno ha ucciso i miei genitori usando
la Guerra dei Mondi come copertura.> disse tutto d’un fiato Amadeus.
La Guerra dei Mondi: l’attacco dei cosiddetti
Marziani alla Terra di qualche anno prima, un evento che risvegliava in U.S.Agent ricordi dolorosi e sensi di colpa mai sopiti. La
sua mente tornò a quel giorno in cui ricevette l’ordine di far detonare la
bomba al betatrone sulla base marziana.[2]
Pochi lo avrebbero creduto ma i suoi sogni erano
ancora tormentati da quel gesto che aveva cancellato un’intera specie. Il fatto
che i nemici si preparassero a fare qualcosa di molto peggiore ai terrestri non
lo faceva sentire meglio.
Scacciò quei pensieri e si rivolse ancora ad
Amadeus:
<Vai avanti.>
<Non c’è molto altro da dire.> replicò Bucky per il ragazzo <Per far saltare in aria la casa
dei Cho in Arizona dopo averli uccisi è stato usato
dell’esplosivo C4. Le analisi comparate eseguite da questo strumento ideato da
Amadeus mi hanno appena dimostrato che quell’esplosivo faceva parte di una
fornitura dell’Esercito degli Stati Uniti.>
Per Agent fu come ricevere un pugno nello
stomaco. La sua mascella tremò leggermente e rimase silenzioso riflettendo poi
guardò Amadeus e gli chiese:
<Arizona hai detto? I tuoi genitori o
almeno uno di loro lavoravano forse per un’installazione della DARPA[3] che si
trovava appena fuori Phoenix?>
<Mia… mia madre. > rispose il ragazzo.
<Allora credo di sapere chi ha ucciso i
tuoi genitori… o almeno chi ne ha ordinato la morte… ma c’è un problema.>
<Che problema?>
<È morto.>
In
un luogo sconosciuto.
Gli uomini e le donne presenti indossavano
tutti la stessa uniforme: giacchetto bianco su pantaloni neri, guanti e stivali
bianchi come bianco era il cappuccio che ne copriva integralmente il volto,
sulla testa un basco dello stesso colore dei pantaloni.
L’unico vestito diversamente era l’uomo che
li stava arringando: calzamaglia con pettorina bianca e gambali neri come i
guanti, stivali bianchi, cappuccio che copriva solo la metà superiore del volto
e mantellina entrambi neri come la notte.
Guardò i suoi soldati e disse.
<La nostra sorella Anarchy
ha fallito il suo tentativo contro il cuore del Potere degli Stati Uniti[4] ma
la nostra lotta contro l’esistenza delle nazioni continua. L’umanità deve
essere unita, i confini devono sparire per sempre, non importa quanto ci vorrà
per riuscirci e quali sacrifici dovremo fare. Non sarò degno del nome di Spezzabandiera se non vi porterò alla vittoria!>
Un boato di approvazione salì dall’uditorio e
l’uomo in costume li guardò soddisfatto poi continuò:
<Tuttavia, prima di tutto dobbiamo pensare
ai nostri compagni e compagne imprigionati. Ho un piano che ci permetterà di
avanzare verso la nostra meta finale e contemporaneamente ottenere la loro
liberazione. Siete con me?>
Un coro di sì fu la risposta e l’uomo che si
faceva chiamare Spezzabandiera sorrise compiaciuto.
Honolulu,
Hawaii.
Nomad
non aveva dubbi: chiunque fosse quello Shiv, doveva
essere un superumano.
Forse c’era davvero
un legame con Wolverine aldilà dell’impressionante somiglianza ma non era il
momento di pensarci, le priorità attuali erano: non farsi ammazzare e
sconfiggere quel bestione.
La sua stazza non
lo preoccupava: poteva essere più grosso e muscoloso ma lui era più agile e
probabilmente più veloce.
Evitò il primo
fendente saltando di lato ed attese.
Purtroppo non aveva
un visore ad infrarossi ma aveva alle spalle l’esperienza di parecchi scontri
al buio.
Si concentrò
cercando di individuare il suo avversario dal respiro pesante e dallo
scricchiolio dei passi. Cercò di immedesimarsi in lui.
Come avrebbe agito
al suo posto?
Nel momento stesso in
cui Shiv sferrò il suo fendente Nomad
era pronto ad afferrargli il polso e sfruttando la forza d’inerzia del suo
slancio ed il suo stesso peso contro di lui lo proiettò in avanti.
Shiv
piombò contro una finestra e la sfondò finendo all’esterno.
Sotto la maschera Nomad sorrise. Adesso quel bastardo non era più in
vantaggio. Balzò anche lui fuori.
Si trovavano dal
lato opposto dei laboratori quasi a strapiombo su una scogliera.
Dov’era finito quel
verme? Era molto improbabile che lo slancio lo avesse portato oltre la
scogliera.
Improvvisamente il
suo avversario gli piombò addosso. Rotolarono avvinghiati e Jack Monroe si
ritrovò con il peso di Shiv sullo sterno ed un
coltello puntato alla gola.
<Morirai!>
esclamò il gangster.
<Non
stanotte.> replicò il vigilante.
Con un ultimo
sforzo si liberò del suo avversario proiettandolo oltre la sua testa. Con un
urlo Shiv precipitò oltre la scogliera verso l’acqua
e le rocce al di sotto.
Nomad
stava per fare la stessa fine ma riuscì ad aggrapparsi al bordo della scogliera.
Mentre lottava per
tirarsi su qualcuno gli tese una mano. Era Yukio.
<Sei stato
bravo.> gli disse.
<Tu eri qui e
non sei intervenuta a darmi una mano?>
<E perché avrei
dovuto? Te la stavi cavando benissimo.>
Jack scosse il
capo: quella giapponese era davvero matta.
Si mossero insieme verso la parte anteriore
dei laboratori dove trovarono il resto della squadra, un po’ di sgherri
svenuti, e cavie umane disorientate ed una ragazzina in tenuta da ninja.
<Amiko!> esclamò Yukio <Quindi sei stata tu a far
saltare l’impianto delle luci.>
<E ad eliminare
un paio di guardie. Ho anche incendiato i laboratori. Pensi ancora che sia
troppo piccola per partecipare alle missioni?> replicò Amiko
Kobayashi.
<Penso che hai
imparato il peggio di me e Logan. Sono… compiaciuta.>
Dai laboratori si
levava del fumo. Sharon disse:
<Abbiamo portato
fuori tutti, ma Koch è riuscito a dileguarsi nella confusione.>
Mentre diceva
quest’ultima frase era evidente la delusione nella sua voce.
<Un giorno o
l’altro lo ritroveremo> sentenziò Diamante.
<E Shiv?> chiese Sharon a Nomad.
<Con un po’ di
fortuna si è fracassato tutte le ossa sugli scogli, ma non ci spero molto.>
<Già; quelli
come lui sono come le monete false: prima o poi risaltano fuori.> ribadì
Diamante.
Sharon annuì. In
ogni caso il bilancio era in attivo. Alla sua prima uscita la sua squadra aveva
vinto, poteva dirsi soddisfatta e lo era.
Covo
Segreto dell’A.I.D.
Il quinjet era ormai vicino. Forse ce l’avrebbero fatta, pensò
Steve.
Ci arrivarono in
contemporanea alla Vedova Nera, Donna Maria ed il Professor Harding.
La ragazza
abbracciò il suo uomo mentre Jack Flag entrava nel velivolo per mettersi ai
comandi
<Tu sei Steve
Rogers!> esclamò l’anziano scienziato riconoscendolo <Credevo fossi…>
<Ne parliamo più
tardi.> tagliò corto Steve <Ora dobbiamo scappare.>
< Io non posso
venire! > esclamò Harding < Non capisci? Questa donna ha una cura per mia
figlia e me la darà solo se lavorerò per lei!>
Steve tacque, non
sapeva cosa dire. I suoi pensieri andarono alla figlia dell’uomo, la povera,
sofferente Carol ... una donna tanto innocente quanto fragile.
Steve comprendeva
quanto l’uomo fosse disperato e come avrebbe fatto di tutto, anche
compromettere se stesso, pur di trovare una cura per la figlia, e non era
neppure la prima volta che succedeva, ne comprendeva il dolore: d’altronde,
adesso non era anche lui padre? Non avrebbe fatto lo stesso per la piccola
Shannon?
Pensieri cupi come questo
lasciarono senza parole anche un uomo loquace come lui.
Fu Scorpia a rompere il silenzio.
<La cura non
funziona.>
<Cosa?>
esclamò Harding.
<Il siero è
stato ricavato dal DNA di Lizard e di un certo Stegron ma è instabile ed i suoi effetti non sono permanenti.>
<Con un po’ di
tempo a disposizione sarei riuscita a renderlo permanente e ad eliminare i suoi
fastidiosi effetti collaterali.>[5]
disse la Rappaccini ammettendo che la figlia diceva
la verità.
Harding era
abbattuto e Steve gli pose una mano su una spalla poi disse:
<Andiamo adesso.
Abbiamo perso anche troppo tempo ma forse possiamo ancora farcela.>
Vana speranza: una
delle squadre d’assalto dell’A.I.D. spuntò da dietro un angolo seguita subito
da un’altra dall’angolo opposto.
<Vi è andata
male.> disse, sogghignando la Rappaccini.
<Non è ancora
detto.> ribatté Steve. Si rivolse, quindi, ai suoi compagni <Andate e
portate in salvo Harding e la prigioniera. Io li tratterrò.>
<Li tratterremo,
Comandante.> disse Yelena ponendosi al suo fianco <James non mi
perdonerebbe mai se ti lasciassi solo.>
Prima che Steve
potesse ribattere si udì una voce stentorea ordinare:
<Fuoco!>
<No!> urlò
Monica Rappaccini.
Sorprendentemente
per quasi tutti i presenti, si gettò davanti a Scorpia
e Steve ricevendo in pieno una scarica di proiettili.
<Mamma!> urlò
la ragazza.
Mentre la
Scienziata Suprema dell’A.I.D. scivolava a terra i suoi mercenari si fermarono.
Avevano appena colpito e forse ucciso il loro capo. Che dovevano fare adesso?
Steve prese tra le
braccia con delicatezza il corpo di Monica poi si rivolse ai suoi uomini:
<Abbiamo
sabotato gli impianti dell’isola. Forse reggeranno altri dieci minuti. Potete
passarli provando a fermarci oppure a cercare di salvare voi stessi. Che volete
fare?>
Pochi istanti poi
le squadre si allontanarono.
Steve emise un
sospiro di sollievo e salì a bordo assieme agli altri.
Mentre il Quinjet decollava lui depose Monica Rappaccini
su una brandina. Scorpia gli si avvicinò, si sfilò la
maschera e balbettò:
<È… è…?>
<Ancora viva per
quanto incredibile possa sembrare….> rispose Steve <… e forse riusciremo
a mantenerla in vita fino al più vicino ospedale.>
<Perché lo ha
fatto? Io credevo che non le importasse.>
<È tua madre ed
in quel momento per lei che tu vivessi era la cosa più importante del
mondo.>
Scorpia
chinò il capo in silenzio. Steve le pose le mani sulle spalle e rimase con lei
senza parlare
Il Quinjet si allontanò rapidamente mentre alle sue spalle
l’isola dell’A.I.D. esplodeva. Forse quella sinistra organizzazione era stata
sconfitta definitivamente o almeno potevano illudersi che lo fosse, pensò
Steve.
Davanti a loro
apparve la sagoma dell’Eliveicolo dello S.H.I.E.L.D.
dove una squadra medica era pronta sul ponte e dopo l’atterraggio si prese
subito cura di Monica Rappaccini.
<Credevo che non
m’importasse nulla di lei…> disse. Scorpia <… e
invece… non voglio che muoia.>
<Qui ci sono
medici in gamba. Se può essere salvata ce la faranno.> disse Steve.
Esitò qualche
istante poi aggiunse:
<Forse non è il
momento adatto per chiedertelo ma sei in gamba ed una come te ci farebbe
comodo. Ti andrebbe di entrare nella
nostra squadra?>
<Grazie, ma non
me la sento adesso.> rispose lei scuotendo la testa <Forse lascerò anche
lo S.H.I.E.L.D., non lo so. Devo capire chi e cosa sono: Carmilla
Black… Thasanee Rappaccini…
o forse Banner… Scorpia. Qual è la vera me
stessa?>
Steve annuì. Forse
il destino della ragazza era ormai segnato ma lui sperava, magari
irrazionalmente, che potesse trovare la pace per la sua anima tormentata.
EPILOGO UNO
Royal Hawaiian Hotel, Honolulu, Hawaii.
<Come esordio
non è stato poi male, no?> disse Paladin, aprendo
l’ennesima bottiglia di champagne.
<Beh direi di
no... anche se c’è stato un momento in cui ce la siamo vista veramente
brutta.> fece notare Diamante.
<Merito delle
nostre nuove amiche.> disse Sharon Carter <Devo riconoscerlo Yukio; senza
di te, la missione non sarebbe stata un successo. Ci sai
davvero fare. Pertanto, se non hai offerte migliori, mi piacerebbe se ti unissi
alla mia squadra; ci farebbe comodo una col tuo talento.>
La giapponese ci
pensò per un paio di secondi e rispose:
<Siete in gamba
anche voi, devo dire. Hai messo su un bel team. Quali sono i vostri scopi?>
chiese la donna.
<Vogliamo solo
raddrizzare i torti nel mondo, fare la nostra parte, ma senza dover rispondere
alla burocrazia e a certi leggi idiote.> tagliò corto Nomad.
<Colloquiale ma
preciso.> sottolineò Sharon.
<Beh se è così
allora accetto... ovviamente, dopo aver trovato una sistemazione consona per me
e il “piccolo diavolo”> disse, facendo riferimento ad Amiko
<io e te poi avremo una lunga discussione in merito all’obbedienza.>
aggiunse.
<Per quello non
vi dovete preoccupare, penserò a tutto io.> prese parola Texas Jack Muldoon, spiazzando tutti, compresa la stessa Sharon.
<Sono
decisamente compiaciuto dal vostro operato. Sissignore. Dei ragazzi di talento
come voi meritano di poter agire al meglio delle loro possibilità.>
<Cosa vuoi dire
con ciò?> chiese Sharon.
<Vorrei che le
nostre strade non si separassero. Voglio finanziarvi, darvi tutte le risorse
migliori affinché possiate svolgere la vostra missione nel modo migliore
possibile.>
<Sarebbe
magnifico. Grazie, Mr. Muldoon>. Ringraziò Sharon.
<Chiamami
Jack.> rispose il texano, stringendogli la mano.
<Insomma abbiamo
trovato uno sponsor.> intervenne Paladin
<Dunque è il caso di fare un brindisi alla nostra squadra!> disse,
riempiendo calici per tutti
EPILOGO
DUE
Gli esperimenti
illegali della Koch Pharmaceutical su cavie umane
finirono in pasto ai media.
Ci furono arresti a
catena, il titolo della società ebbe un tonfo spaventoso alla Borsa di Wall Street e le contrattazioni furono sospese. Su ordine delle
magistrature locali e federali tutti i beni della Koch nonché quelli personali
di Walter Koch e dei suoi principali collaboratori furono sequestrati, ma il
principale responsabile era ancora in libertà.
Walter Koch si era
salvato. Se l’era vista molto brutta, ma si era salvato. A bordo del suo yatch
era ormai fuori dalla portata dei suoi inseguitori, e questo lo faceva sentire
sicuro.
Tuttavia, non era
stato solamente merito della sua prontezza di riflessi; no, doveva ringraziare
la soffiata che un suo fido socio d’affari gli aveva fatto.
Mentre sorseggiava
uno scotch per calmarsi i nervi, Koch compose il numero dell’uomo:
<Avevi ragione,
sono arrivati come avevi detto tu. Gente tosta, addestramento non comune. Li ho
forse sottovalutati, ma sono riuscito a cavarmela.>
<<Ti avevo avvisato di non sfidarli, ma di
squagliarti non appena ne avevi l’occasione. Il loro capo è stato per un breve
periodo il direttore dello S.H.I.E.L.D.. È una che non molla la presa. Non mi
stupirei se te la ritrovassi davanti, un giorno di questi.>>
disse la voce dall’altra parte del telefono.
<Vedrò di
mantenere un profilo basso. Un po’ come fai tu.>
<<È la cosa migliore da fare. È facendo così che
sono arrivato a occupare il posto che occupo.>>
<Seguirò il tuo esempio,
allora. Intanto, ti devo un favore, Fisk.>
<<A tempo debito verrò a riscuoterlo>>
E Walter Koch
sapeva bene che Wilson Fisk non era uomo da fare
sconti.
EPILOGO
TRE
Residenza marittima degli Harding,
sulla costa Est.
Carol Harding si
stava preparando per mettersi a letto. Indossava solo un’elegante camicia da
notte rosa mentre si spazzolava i capelli davanti allo
specchio. Un gesto abitudinario, quasi meccanico, che compiva mentre con la
mente sognava di essere altrove.
Improvvisamente,
alle sue spalle l’immagine riflessa mostrò la sagoma di un uomo affacciarsi
alla finestra.
<CHI SEI?>
domandò spaventata voltandosi.
<Buonasera
Carol. Scusa se ti ho spaventata, non era mia intenzione...>
<STEVE!>
esclamò sorpresa, riconoscendo l’attraente uomo biondo che le era entrato in
camera.
Si alzò in piedi
per andare ad abbracciarlo ma lo sforzo improvviso fu troppo per il suo debole
corpo, e si piegò sulle ginocchia.
Prontamente Steve
la prese al volo, impedendole di accasciarsi al suolo.
<Stai attenta,
ti prego. Non fare sforzi inutili ...>
Steve la prese tra
le sue forti braccia e la porto sul letto.
<Oh Steve... che
bello rivederti! Avevo sentito che eri morto durante una missione ... non sai
quant’ho pianto quel giorno....>
<È una cosa un
po’ complicata da spiegare ...>
<Raccontami.>
chiese la ragazza con un tono molto dolce.
Era pallida e
magra. Si intuiva che era molto malata. Steve sentì una fitta al petto ma cercò
di mascherare la cosa, e sfoggiando il suo migliore sorriso le raccontò tutto
quello che gli era accaduto dal giorno in cui dovette simulare la morte del suo
alter ego.
<Se c’è uno che
meritava di vere una vita serena quello sei tu, Steve. Non conosco nessun’altro
che sia più meritevole di te.>
<Ma raccontami
di te, Carol. Come ti senti?>
<Non ne ho per
molto, caro. Il mio tempo sta per scadere, lo sento. Sono molto stanca, e
vorrei solo riposare...>
Di nuovo, Steve
avvertì una fitta nel petto.
<Ma ora che so
che sei vivo, mi sento di nuovo piena di energia. Uno di questi giorni potremmo
tornare a cavalcare in spiaggia, come quella volta.>[6]
<Ma certo> le
rispose, sorridendo lui.
Le si sdraio a
fianco e insieme cominciarono a fare programmi per i giorni a venire ... cene
galanti, balli eleganti, passeggiate al chiaro di luna... parlarono fino
all’alba, fino a che la ragazza, esausta ma felice, non prese sonno.
Steve uscì dalla
finestra e cominciò a passeggiare, arrivò fino alla spiaggia nominata da Carol,
la stessa del loro primo incontro. Si sedette sulla riva guardando il sole
sorgere.
Perché una ragazza
così dolce e innocente come Carol Harding doveva soffrire tanto? Perché a volte
la vita era tanto crudele con chi è buono? Rimase a porsi domande come questa,
ma senza avere risposta.
Nelle serate
seguenti Steve tornò trovare Carol tutte le sere, facendole compagnia prima che
andasse a dormire, fino a che una mattina, Carol Harding non si svegliò più.
Aveva finalmente
smesso di soffrire e trovato la pace.
FINE
NOTE
DEGLI AUTORI
Decisamente nulla da
dire. Nel prossimo episodio: qualcosa di molto brutto sta per accadere in
Spagna, il Soldato d’Inverno, Amadeus Cho e U.S.Agent fanno un viaggio mentre Sharon Carter riceve una
visita a sorpresa.
Carlo & Carmelo
[1] Vendicatori #99/100,
Vendicatori Costa Ovest #37 e Avengers Icons #45.
[2] Vedi La Guerra dei Mondi
#2.
[3] Defense Advanced Research Projects Agency, l’agenzia del Dipartimento della Difesa incaricata di progettare nuove tecnologie per uso militare.
[4] Vedere Capitan America
#98/99.
[5] Tipo trasformare la
gente in rettili.
[6] Su Captain America Vol.
1° #197 (prima edizione italiana Capitan America, Corno, #120).